Bambini

Unicef, per 1,2 miliardi di bambini le conseguenze delle scuole chiuse

Le disuguaglianze nell'accesso agli strumenti e alla tecnologia da remoto minacciano di ampliare la crisi globale dell'apprendimento, resa più grave dall'emergenza Covid-19

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Unicef, per 1,2 miliardi di bambini le conseguenze delle scuole chiuse

«L’accesso alle tecnologie e ai materiali necessari per continuare ad apprendere mentre le scuole sono chiuse è ampiamente diseguale», si legge in una nota diffusa dall’Unicef. Disuguaglianze nella reperibilità degli strumenti tecnologici e nella possibilità di accedere da remoto alla didattica hanno aggravato la già profonda crisi globale dell’apprendimento. La chiusura delle scuole ha colpito circa 1,2 miliardi di bambini e adolescenti.

«I bambini con un sostegno limitato all’apprendimento a casa non hanno quasi nessun mezzo per sostenere la loro istruzione», si legge ancora nella nota. «Fornire una serie di strumenti di apprendimento e accelerare l’accesso a internet per ogni scuola e per ogni bambino è fondamentale», ha dichiarato il responsabile Unicef per l’Istruzione Robert Jenkins.

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I dati sull’apprendimento da remoto: l’accesso a Internet

Unicef fotografa la situazione dell’istruzione online in 127 Paesi presi in esame: il 73% dei governi utilizza piattaforme online per l’apprendimento da remoto, mentre le scuole sono chiuse. Un dato che si inserisce in un quadro mondiale segnato dalle disparità, visto che in 71 Paesi del mondo oltre la metà della popolazione non ha accesso alla Rete.

Piattaforme di apprendimento: televisione, radio, social media

Tre governi su quattro, dei 127 Paesi presi in esame, utilizzano la televisione come mezzo per consentire l’istruzione dei bambini da casa. Più del 90% dei Paesi in Europa e Asia Centrale, il 100% in quelli dell’Asia del Sud. In America Latina e nei Caraibi dal 77% dei governi sono utilizzati canali nazionali per la trasmissione di programmi di istruzione per i più giovani.

La radio, dopo televisione e internet, è la terza piattaforma utilizzata come fonte di istruzione durante il periodo di chiusura degli istituti scolastici. Accade nel 60% dei 127 Paesi analizzati da Unicef. Si tratta di un mezzo il cui possesso varia in maniera consistente. Se in America Latina e nei Caraibi, ad esempio, la possiedono tre famiglie su quattro, in Asia del Sud soltanto una famiglia su cinque.

I telefoni cellulari e i social media figurano come sistema alternativo di istruzione per oltre la metà dei 127 Paesi. La percentuale sale al 74% per Europa e Asia Centrale.

Il focus sull’Italia

Nella nota diffusa dall’Unicef, anche un focus dedicato all’Italia. Secondo i dati di una recente indagine Istat, il 12,3% dei ragazzi tra 6 e 17 anni non ha un computer o un tablet a casa. Nel Mezzogiorno questa condizione riguarda 470mila bambini e ragazzi: quasi uno su cinque. In Italia, solo il 6,1% dei minori vive in famiglie dove è disponibile almeno un computer per ogni componente.

L’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Coronavirus, ha segnato profondamente l’anno scolastico appena concluso. Sono emerse «disparità e diseguaglianze a livello nazionale per i bambini e le loro famiglie nell’accesso a internet e conseguentemente alla didattica online», ha dichiarato Francesco Samengo, Presidente dell’UNICEF Italia. «Nonostante gli sforzi messi in campo dalle istituzioni per garantire la didattica a distanza, questo tipo di modalità di apprendimento rischia di lasciare indietro i bambini e gli adolescenti più vulnerabili. In previsione della riapertura delle scuole a settembre prossimo, è necessaria una risposta coordinata per garantire a tutti i bambini – in particolare a quelli con disabilità o in condizione di grave disagio familiare – di continuare il percorso di studi».

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